sabato 30 gennaio 2010

La carità secondo San Paolo




Questa sera mi sono soffermata su di un brano tratto dalla Lettera di San Paolo ai Corinzi che mi ha sempre molto colpito e fatto pensare. Lo leggeremo domani come seconda lettura.
Ho evidenziato le frasi che più mi fanno riflettere. Possiedo io la Carità? E' incredibile quanto le parole di San Paolo, scritte in tempi molto lontani, si rivelino di grande valore per gli uomini di oggi, almeno quelli di buona volontà.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

venerdì 29 gennaio 2010

La Rai sfida il «Grande Fratello» con la fiction su Sant’Agostino





«Ama e fa’ quel che ti pare». Poche altre frasi racchiudono in una forma tanto semplice (e provocatoria) una verità universale. Ed è stato il semplice, universale (e provocatorio) Agostino d’Ippona, a formularla: il colosso della filosofia e della teologia che - con un coraggio non comune, bisogna ammetterlo - Raiuno proporrà domenica e lunedì in Sant’Agostino: fiction coprodotta dalla Lux Vide con Raifiction, per la regia di Christian Duguay e (nel ruolo del protagonista, in età rispettivamente giovane e matura) Alessandro Preziosi e Franco Nero. «Sì, questo è davvero un uomo che ti provoca. E ti seduce - riflette Preziosi -. Non si tratta solo delle sue celebri riflessioni (oltre ad “Ama e fa’ quel che ti pare”, anche “L’uomo è ciò che ama”, o “Pensiamo di subire il male, e invece lo facciamo”): Agostino è grande anche perché conferisce verità alla parola. Con lui, cioè, le parole hanno un senso solo; e lo hanno per sempre. Oggi io sto interpretando in teatro Amleto. Ebbene: Amleto è quello che si pone tutte le domande; Agostino quello che dà tutte le risposte perché è un uomo moderno in cerca della verità». E in effetti colpisce che Raiuno proponga la vita di un padre e santo della Chiesa nonché fra i massimi filosofi della storia dell’umanità, nelle stesse sere in cui la concorrenza si accontenta di Amici o di Grande Fratello. «Ma proprio questa, è la missione della Rai», fa notare Fabrizio Del Noce che prevede share di ascolti «col 2 per primo numero. Tutte le nostre fiction, pur diversissime per genere, devono avere lo stesso elemento in comune. I contenuti. Non solo quando sono esplicitamente serie, come nel recente Gli ultimi del paradiso, ma anche quando sono divaganti e leggere, come Don Matteo».
Dopo averlo visto in anteprima a Castelgandolfo, papa Benedetto XVI ha detto a Del Noce (che è figlio di un filosofo): «Se suo padre fosse vivo, sarebbe fiero di questa fiction».        SEGUE QUI

Paolo Scotti

Ho sempre amato la figura di Sant' Agostino anche solo per il suo motto "Chi canta prega due volte". Ho fatto parte per anni di un coro parrocchiale e pensavo sempre a queste parole che un giorno avevo sentito proferire da un sacerdote nel Duomo di Torino invitando i fedeli a unirsi al canto.
Ho anche letto parte delle sue Confessioni e sto meditando di riprenderle in mano. Sono molto curiosa di vedere questa fiction che il Papa ha apprezzato.

sabato 23 gennaio 2010

Salmo 18




Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.

venerdì 22 gennaio 2010

E' arrivata la galaverna

Uno spettacolo particolare stamattina: le piante sembravano di cristallo, alcune fronde davano l' idea del pizzo; non ricordavo di aver visto qualcosa di simile. Sembrava brina, ma non ne ero convinta. Questa sera mio fratello, che è appassionato di meteorologia, mi ha inviato queste foto dicendomi che si tratta di "galaverna".
Ecco alcune foto di questo fenomeno. Che si tratti di galaverna è evidenziato soprattutto nella foto con la cancellata che non si presenterebbe così se fosse brina.

galaverna 2
galaverna5la galaverna 2la galaverna
Non si vede spesso, ma oggi in molte aree della pianura padana e nelle colline, e’ tornata, si tratta della “galaverna”, uno dei fenomeni meteorologici piu’ spettacolari, e piuttosto rara. Ecco quel che fu scritto di una famosa “ondata” di galaverna che arrivo’ in Polesine all’inizio del 2000 : “ La Galaverna ha bisogno di determinate caratteristiche non sempre così facili da ottenere, prima tra tutte ci deve essere nebbia, quindi nuvolosità di tipo basso, in secondo luogo c’è bisogno di una temperatura negativa, in terzo luogo ma questa condizione è la meno importante, ci vuole una certa bava di vento, avendo queste tre caratteristiche si può dare il via allo spettacolo bianco; le microscopiche goccioline d’acqua che formano la nebbia, sospinte dal vento impattano contro gli oggetti che si trovano davanti ad esempio, alberi, rami, foglie ecc…, e grazie alla temperatura negativa si depositano cristallizzandosi, questo deposito di ghiaccio aumenta fino a che le condizioni di temperatura e umidità lo consento, naturalmente maggiore è la durata e maggiore sarà lo spettacolo.”
Il dizionario “Sabatini Coletti” ne da questa definizione: Ghiaccio che si forma su alberi, foglie e oggetti rimasti all’aperto. E in effetti la galaverna è un deposito di ghiaccio in forma di aghi e scaglie che si produce quando la temperatura e’ sotto lo zero e nell’aria aleggia la nebbia. Un rivestimento cristallino e opaco che si forma attorno alle superfici(rami,alberi, fiori, ma anche panchine o pali della luce!) , e si forma in le goccioline d’acqua in sospensione nell’atmosfera possono rimanere liquide anche sotto zero (il cosiddetto stato di sopraffusione) . Uno stato instabile tanto che appena le gocce toccano una superficie solida si trasformano appunto in galaverna. Questo passaggio dallo stato liquido allo stato solido richiede piccole dimensioni delle gocce di nebbia, temperatura bassa,ventilazione scarsa o assente , accrescimento lento e dissipazione veloce del calore latente di fusione. La galaverna non va confusa con la brina, che si forma invece per il brinamento del vapore sulle superfici raffreddate a causa della perdita di calore per irraggiamento durante la notte. Per questo la brina e’ molto piu’ diffusa rispetto alla galaverna, un fenomeno atmosferico che addirittura pareva scomparso negli ultimi anni, fatto imputato ai mutamenti climatici.


segue qui

sabato 16 gennaio 2010

Benedetto XVI ricorda: "Io sfuggito ai pericoli del dominio nazista"

  Alla vigilia della sua visita alla Sinagoga di Roma, Benedetto XVI ha rievocato gli anni della formazione in seminario dopo il nazismo. Nel 1945 l'incontro con Cristo che si è rilevato "più forte di ogni tirannide.




Roma - Alla vigilia della sua visita alla Sinagoga di Roma, Benedetto XVI ha rievocato gli anni della formazione in seminario dopo il nazismo, confidando l’emozione con la quale nel 1945 ha sperimentato che Cristo è "più forte di ogni tirannide", capace di rendere i sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale che lo riscoprivano "uomini nuovi" in un mondo che rinasceva dalle sue macerie storiche e spirituali.


I ricordi del Santo Padre Con parole dense di commozione, il Papa ha ripercorso infatti oggi gli anni della sua giovinezza, culminata con l’ordinazione sacerdotale, al cospetto della delegazione della città tedesca di Frisinga, giunta in Vaticano per conferire al Papa la cittadinanza onoraria. Insieme con Monaco, Frisinga compone il territorio dell’arcidiocesi bavarese che l’allora cardinale Joseph Ratzinger guidò dal 1977 al 1982, prima di essere chiamato a Roma da Giovanni Paolo II a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede. Accantonato il discorso che gli era stato preparato, il Papa tedesco si è lasciato trasportare oggi dai ricordi di quei luoghi che compongono la sua "geografia del cuore".

Il legame con Frisinga In questo panorama interiore, ha confidato alla delegazione che lo ha "commosso" concedendogli la cittadinanza onoraria, "la città di Frisinga svolge un ruolo molto particolare. Qui ho ricevuto la formazione che ha determinato la mia vita e per questo la città è sempre presente in me ed io in lei". Un legame testimoniato dalla presenza dei simboli del Moro di Frisinga e dell’orso di San Corbiniano dapprima nello stemma episcopale e poi in quello pontificio di Benedetto XVI. Tra le tante immagini risvegliate dai ricordi, il Pontefice ha rievocato un momento a metà degli anni Quaranta del Novecento, nel primo - drammatico - dopoguerra tedesco. Il 3 febbraio 1946, dopo una lunga attesa, "il seminario di Frisinga potè riaprire le porte ai reduci; era pur sempre un lazzaretto per i prigionieri di guerra, ma noi - ha raccontato - potemmo riprendere gli studi e fu un momento significativo nella nostra vita: avere finalmente iniziato il percorso per il quale ci sentivamo chiamati. Visto dal punto di vista di oggi, abbiamo vissuto in modo molto 'spartano' e senza 'comfort': riposavamo nei dormitori, studiavamo nelle sale da studio, ma eravamo felici, non solo perchè eravamo sfuggiti alle miserie e ai pericoli della guerra e del dominio nazista, ma perchè ormai eravamo liberi. E soprattutto, perché stavamo preparandoci alla nostra vocazione". (segue)

da: 
Il Giornale 
 



 

venerdì 15 gennaio 2010

Perchè?

Oggi, forse perchè sto attraversando un periodo di stanchezza per molte cose, non sono riuscita a trattenere una domanda che avevo imparato a non porre: "perchè?". Il Blog di Cogitor, come molte volte, mi viene in soccorso e lo propongo anche a voi, se lo desiderate.


La natura non è Dio 



Quando la natura sembra tormentare il destino dell’uomo, ciascuno di noi comprende i limiti della propria finitezza! Haiti – forse il paese meno sviluppato dell’emisfero settentrionale e certamente uno dei più poveri al mondo – è stata colpita in questi giorni da un violentissimo terremoto di magnitudo 7.

L’epicentro del sisma è stato registrato a quindici chilometri dalla capitale Port-au-Prince, quasi rasa al suolo, e con un numero di morti superiore alle centomila persone. Una vera e propria catastrofe naturale.


Puoi continuare a leggere l'articolo qui.

lunedì 11 gennaio 2010

Preghiera



                                                         Fabio Langella                                                                


Fin dal primo mattino a te,
o Padre, ci rivolgiamo,
perché sei l’unico nostro sostegno:
in te solo trova ristoro
la nostra sete infinita;
guida i nostri passi
con la luce della tua verità
fino a che potremo vedere
in pienezza il tuo volto.

Dio, che sei e che eri, e sarai,
per te la terra continua
a fiorire e a sperare;
per te fiorisce anche
il diritto e la giustizia:
e cioè, il tuo Figlio continui a venire,
il suo nome sorpassi ogni tempo
e risplenda più a lungo del sole.

A te, Padre, la gloria,           
a te, Figlio, l’amore,
a te, Spirito, il canto.

David Maria Turoldo

sabato 9 gennaio 2010

Una poesia bellissima che non ricordavo





                             
Che cos'è una mamma



Una mamma è come un albero grande



che tutti i suoi frutti dà:


per quanti gliene domandi


sempre uno ne troverà.


Ti dà il frutto, il fiore e la foglia,


per te di tutto si spoglia,


anche i rami si toglierà.


Una mamma è come un albero grande.


Una mamma è come una sorgente.


Più ne toglie acqua e più ne getta.


Nel suo fondo non vedi belletta:


sempre fresca, sempre lucente,


nell’ombra e nel sole è corrente.


Non sgorga che per dissetarti,


se arrivi ride, piange se parti.


Una mamma è come una sorgente.


Una mamma è come il mare.


Non c’è tesori che non nasconda,


continuamente con l’onda ti culla


e ti viene a baciare.


Con la ferita più profonda


non potrai farlo sanguinare,


subito ritorna ad azzurreggiare.


Una mamma è come il mare.


Una mamma è questo mistero:


tutto comprende, tutto perdona,


tutto soffre, tutto dona,


non coglie fiore per la sua corona.


Puoi passare da lei come straniero,


puoi farle male in tutta la persona.


Ti dirà: <Buon cammin, bel cavaliero!>


Una mamma è questo mistero.


 



                               F. Pastonchi



mercoledì 6 gennaio 2010

Il vero sapiente è umile....




"Qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti?". Se lo è chiesto Benedetto XVI nell'omelia dell'Epifania. "Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio", ha detto.














MARCO TOSATTI

Benedetto XVI ha preso spunto dal Vangelo di oggi per toccare ancora una volta il tema dei rapporti fra conoscenza, ragione e fede. Riportiamo alcuni brani della sua omelia. E' partito dalla figura dei Magi:
"Erano uomini di scienza in un senso ampio, che osservavano il cosmo ritenendolo quasi un grande libro pieno di segni e di messaggi divini per l'uomo - ha spiegato Ratzinger -. Il loro sapere lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini".
"Essi hanno portato oro, incenso e mirra. Non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane. In quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l'oro poteva esserle immediatamente utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia. Infatti, secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano il riconoscimento di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sottomissione. Vogliono dire che da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità".
"La conseguenza che ne deriva è immediata. I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell'amore che solo può trasformare il mondo. Non soltanto, quindi, i Magi si sono messi in cammino, ma da quel loro atto ha avuto inizio qualcosa di nuovo, è stata tracciata una nuova strada, è scesa sul mondo una nuova luce che non si è spenta. La visione del profeta si realizza: quella luce non può più essere ignorata nel mondo: gli uomini si muoveranno verso quel Bambino e saranno illuminati dalla gioia che solo Lui sa donare".


continua su  www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/hrubrica.asp


sabato 2 gennaio 2010

Capodanno a Oropa (Biella)





Nuovo anno iniziato a Oropa. Notte bellissima, paesaggio innevato, aria frizzante. Nel piazzale del Santuario un grande presepe illuminato, con pecore vere a far compagnia a Gesù Bambino.



 Ecco alcune notizie sul Santuario che fu anche visitato da Papa Giovanni Paolo II



 



A tredici chilometri dal centro abitato, a 1180 metri s.l.m, si trova il Santuario della Madonna Nera di Oropa, il più celebre luogo di pellegrinaggio del Piemonte, uno dei più importanti d’Italia e forse il più antico santuario mariano dell’occidente.

  La leggenda fa risalire al santo Vescovo di Vercelli Eusebio, rifugiatosi fra questi monti per sfuggire a una persecuzione nel 369, la conservazione in una nicchia di un masso erratico di una statua lignea della Madonna (presunta opera di san Luca evangelista), da lui portata fino ad Oropa da Gerusalemme.



 In realtà, i primi documenti riguardanti il santuario risalgono al XIII secolo.
Durante la peste del 1599, la città di Biella fece voto di erigere una nuova chiesa e così sorse quella attuale dopo l’abbattimento della chiesetta dugentesca
.






La Statua della Madonna Nera misura m. 1,32 di altezza ed è in legno Cirmolo (pianta resinosa).


 A Oropa la Madonna Nera, contrariamente a quanto si riscontra nella Vergini nere del periodo romanico ( raffigurate sedute in trono a simboleggiare la Sedes Sapientiae), viene presentata in piedi con il Bambino seduto sul braccio sinistro , a sua volta benedicente (con la mano destra) e con l’uccellino (simbolo della Passione), nella mano sinistra. Stilisticamente questa statua è stata, in via ipotetica, riferita all’area aostana intorno al 1295.




(dal sito del Comune di Biella)




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