Amen
lunedì 8 giugno 2015
Piccola preghiera
Amen
martedì 5 maggio 2015
5 maggio
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percorsi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e l'avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
Alessandro Manzoni
La ricordiamo tutti, magari non completamente, per averla studiata a scuola. Ogni anno, in questo giorno, me ne ricordo. Stavolta l'ho trovata tutta intera e devo dire che mi piace moltissimo: non sembra uno scritto dell'Ottocento, ma dei giorni nostri.
Ci si deve soffermare riga per riga per riconoscere la validità di quanto detto dal poeta che di se stesso parla in questi versi profetici che apprezzo molto:
"sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà"
No, il suo canto non è morto, anzi è più vivo che mai e interpella noi, uomini e donne del XXI secolo, informatizzati e moderni.
Ero troppo giovane quando l'ho letta la prima volta e soltanto ora credo di averne colto appieno il significato.
Grande Manzoni.
sabato 2 maggio 2015
Parole e fatti.
Batoni Pompeo - San Giovanni evangelista
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo.
Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Parola di Dio
lunedì 20 aprile 2015
sabato 18 aprile 2015
Temporale
E' scoppiato all'improvviso con un fragoroso colpo di tuono. E' il primo della stagione. La mia mamma lo considerava un segnale di divisione fra la stagione brutta e quella bella.
Non so perchè, ma mi ha fatto piacere. Ho ancora impresso il triste ricordo delle devastanti piogge dell'autunno che hanno fatto non pochi danni.
Dietro casa mia è ben visibile la voragine della frana che si è portata via anche una vita umana.
Il temporale è qualcosa di diverso, bagna la terra e rinverdisce il prato, ma porta con sè il chiaro segnale che presto finirà e tornerà il sole.
giovedì 2 aprile 2015
Marko Ivan Rupnik
Discesa agli Inferi
E' un autore che apprezzo molto, dopo averlo conosciuto attraverso i suoi mosaici che ho visto per la prima volta nella nuova tomba di san Pio a San Giovanni Rotondo.
Sono immagini che parlano alla nostra fede e la nutrono e mi sono sempre chiesta il perchè, fino a quando, facendo qualche ricerca su di lui, ho scoperto che è un presbitero, un Gesuita.
Durante un viaggio a Mosca mi fu detto che le icone sacre vengono dipinte soltanto nei monasteri da persone consacrate a Dio.
Soltanto una persona credente può dare ad una immagine sacra la potenza dello sguardo che penetra nei cuori e parla ad essi
(da Wikipedia):
Marko Ivan Rupnik (Salloga d'Idria, 28 novembre 1954) è un artista,teologo e presbitero sloveno, appartenente ai Gesuiti.
Artista e mosaicista cattolico, insieme all'Atelier dell’arte spirituale del Centro Aletti di cui è direttore, ha realizzato opere famose in tutt'Europa come i mosaici della Cappella "Redemptoris Mater"[1] in Vaticano, quelli delle basiliche di Fatima e di San Giovanni Rotondo, quelli sulla facciata del Santuario di Lourdes.
E' un autore che apprezzo molto, dopo averlo conosciuto attraverso i suoi mosaici che ho visto per la prima volta nella nuova tomba di san Pio a San Giovanni Rotondo.
Sono immagini che parlano alla nostra fede e la nutrono e mi sono sempre chiesta il perchè, fino a quando, facendo qualche ricerca su di lui, ho scoperto che è un presbitero, un Gesuita.
Durante un viaggio a Mosca mi fu detto che le icone sacre vengono dipinte soltanto nei monasteri da persone consacrate a Dio.
Soltanto una persona credente può dare ad una immagine sacra la potenza dello sguardo che penetra nei cuori e parla ad essi
(da Wikipedia):
Marko Ivan Rupnik (Salloga d'Idria, 28 novembre 1954) è un artista,teologo e presbitero sloveno, appartenente ai Gesuiti.
Artista e mosaicista cattolico, insieme all'Atelier dell’arte spirituale del Centro Aletti di cui è direttore, ha realizzato opere famose in tutt'Europa come i mosaici della Cappella "Redemptoris Mater"[1] in Vaticano, quelli delle basiliche di Fatima e di San Giovanni Rotondo, quelli sulla facciata del Santuario di Lourdes.
In questa Santa Settimana davanti ai suoi mosaici sgorga la preghiera e la meditazione
domenica 15 marzo 2015
SALMO 136 Lungo i fiumi laggiù in Babilonia
Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.
Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.
Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Mi sono ricordata di aver già postato questo salmo:
Nabucco- Verdi
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.
Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Mi sono ricordata di aver già postato questo salmo:
Nabucco- Verdi
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