sabato 25 settembre 2010

racconta Maria Cartabia




mi piace questa foto: ci sono ancora le Torri Gemelle.



Arrivare a vivere – come è capitato a me e alla mia famiglia lo scorso anno – nel cuore di New York è come entrare in quel mondo moderno dopo Cristo, senza Cristo, descritto da Péguy.
Certo, tutto l’Occidente rientra in quella descrizione, ma mentre l’Europa sembra ancora terreno di battaglia per lo smantellamento della civiltà cristiana che ancora resiste, la cosa che più colpisce a New York è che il progetto sembra compiuto.
Come dice Péguy, ci sono riusciti. Sarei tentata di aggiungere che ci sono riusciti benissimo.

Vorrei partire da questo «ci sono riusciti» perché dal punto di vista dell’esperienza è proprio questa la prima impressione che si ha arrivando lì: si è abbagliati dalla riuscita.
Ci sono riusciti: New York è una città meravigliosa, è bella la natura, è meravigliosa l’opera dell’uomo, tutto funziona, e inspiegabilmente riescono a convivere milioni di persone di tutte le razze che parlano più di sessanta lingue diverse – e qui devo confessare che io stessa, con tutta la mia famiglia, sono subito stata conquistata –.

Forse il segreto del successo – almeno così è parso ai miei occhi di ospite, abitante per un anno – è che ogni aspetto della vita è trattato con grandissima professionalità: il “dio lavoro” dà i suoi frutti. Tutto questo ha grandi vantaggi: si vive bene, si perde meno tempo per l’organizzazione della vita, tutto è molto curato, ecc. Con un piccolo particolare, che vorrei descrivere con questo episodio tratto dalla mia vita universitaria.

Il livello delle università americane è eccellente e inevitabilmente, soprattutto nei primi mesi, ero entusiasta di tutto. Mi colpiva soprattutto che ci fosse tanto spazio e attenzione alla dimensione comunitaria della vita tra docenti e con gli studenti – da noi quasi del tutto assente –.
La New York University dove lavoravo mi sembrava un paradiso: colleghi di altissimo livello, grande cordialità e possibilità di condivisione del lavoro, uffici meravigliosi, con tanto di opere d’arte alle pareti e musica classica soffusa tutto il giorno.
Eppure, a mano a mano che passava il tempo mi capitava di sentire sempre più spesso i miei colleghi lamentare una certa stanchezza: «Ho nostalgia di casa – mi dicevano –, qui mi sento solo e miserabile». Miserabile. Impressionante: nemmeno New York basta al cuore dell’uomo.

Dopo Gesù, senza Gesù: l’altro fatto che subito si nota arrivando a Manhattan è la netta separazione tra la vita pubblica e professionale e la dimensione religiosa.
E su questo punto occorre intendersi, perché la realtà americana è complessa. In vero, gli americani sono molto religiosi, probabilmente molto più religiosi di noi europei, e ci sono anche tantissimi “cattolici praticanti”.
Tra i tanti segni di questo fatto, mi ha sempre colpito il fatto che la messa degli studenti della mia università alla domenica era affollata da svariate centinaia di ragazzi.

Però, di tutti quei ragazzi non si vedeva traccia durante la normale vita accademica.
 Anche se l’istituzione è molto attenta e ben disposta verso le associazioni di studenti, specialmente quelle a base religiosa, in un intero anno non ho visto nessuna presenza di tutte quelle centinaia di ragazzi cattolici che affollavano la messa della domenica, non un giudizio pubblico, non un segno di riconoscibilità.
Senza Cristo, allora, non significa che manchi la dimensione religiosa nella vita delle persone, ma, per quel che ho potuto vedere, si tratta di una religiosità invisibile e inincidente.

Un giorno, leggendo per il mio lavoro, mi sono imbattuta in questa descrizione di Ernest Fortin che ho trovato particolarmente pertinente rispetto alla situazione: «Nietzsche ci ha avvertito da tempo che la morte di Dio è perfettamente compatibile con una “religiosità borghese”.
Egli non ha pensato neppure per un momento che la religione fosse finita. Ciò che egli metteva in discussione è la capacità della religione di muovere la persona e aprire la sua mente.
La religione è divenuta un prodotto di consumo, una forma di intrattenimento tra le altre, una fonte di conforto per i deboli o una stazione di servizi emotivi, destinata ad appagare alcuni bisogni irrazionali che essa è in grado soddisfare meglio di ogni altra cosa.

Per quanto possa suonare unilaterale, la diagnosi di Nietzsche colpiva nel segno» Questa descrizione diceva chiaramente quello che era sotto i miei occhi e cioè che una società senza Cristo è essenzialmente una società che, senza che ce ne accorgiamo, atrofizza il nostro rapporto con Cristo, lo rende muto e inincidente sulla nostra vita personale e su quella sociale, lo riduce a dei momenti di religiosità emotivi o sentimentali, o, peggio, a degli schemi comportamentali.

Diceva Solženicyn nel suo famoso discorso ad Harvard nel 1978: nei paesi totalitari si soffre una assoluta mancanza di libertà; nei paesi occidentali, invece, la libertà c’è ed è spinta al massimo, ma se si guarda attentamente si scopre che essa esprime sempre «degli orientamenti uniformi, nella stessa direzione (quella del vento del secolo), dei giudizi mantenuti entro determinati limiti accettati da tutti, e forse anche degli interessi corporativi comuni, e tutto ciò ha per risultato non la concorrenza ma una certa unificazione».
In occidente la società è senza Cristo non tanto per una mancanza di libertà formale, giuridica o politica, ma per uno strano conformismo che ci troviamo addosso, per cui la vita è governata dalla mentalità dominante dell’ambiente dove ci troviamo.



 



dal Blog di Nonsonogus  (vedi)

Questo articolo mi ha colpita. Non sono mai stata negli Stati Uniti. Mi piacerebbe sentire il vostro parere, se ne avete il tempo e il desiderio. Grazie.

8 commenti:

  1. Cara Dolce. Questo testo mi ha fatto riflettere proprio su questa divisione che tu evidenzi: da una parte la pratica esterna religiosa, dall'altra la vita di ogni giorno da questa disgiunta. Al termine della Messa il sacerdote ci dice "Andate in pace": questa pace è Gesù che dobbiamo portare ai fratelli. Come facciamo se non lo portiamo sempre con noi?

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  2. non ce la faccio a leggerlo, è troppo lungo e senza un a capo

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  3. ANDE: è anche questione di età. Mi sto accorgendo che, con il passare degli anni, le cose effimere contano sempre meno. Io amavo i mercatini, comperare cose inutili perchè ne ero attratta, ora invece vorrei vuotare tutta la casa e pensare solo all' indispensabile per avere tempo per lo spirito e la serenità. 
    Ti auguro buona settimana. Un abbraccio.
    Paola

    RICCARDO: hai ragione. In genere non posto mai cose così lunghe, ma questo articolo mi ha molto presa, l' ho letto d'un fiato e non sapevo dove interromperlo. Lo dividerò in periodi. Per fare in fretta ho fatto copia-incolla. Ciao

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  4. Grazie Paola!!

    Leggere un testo su carta di pagine e pagine senza punteggiatura, ma al computer non ce la faccio.

    Una cosa simile l'ho sentita in una catechesi l'altro giorno su RMaria. 
    Prima del concilio Vaticano che togliesse la messa in latino, le persone andavano a messa, ma non sapevano quasi più chi fosse Gesù. Perché quasi nessuno (in particolare nelle campagne) capiva ciò che si diceva, e quindi non poteva viverlo. Come si dice, mangia come parla... parla come mangia....
    Perché in pochi potevano conoscere la parola di Dio. Le persone per assurdo andavano a messa, ma se non conoscevano il latino, mangiavano il Corpo di Cristo, ma non MANGIAVANO PIÙ LA SUA PAROLA.

    Va beh, capita un po' anche oggi. Quante volte facciamo le cose di corsa, presi dal lavoro, e veniamo distolti dalla vera necessità, dal vero Pane della nostra vita? Inevitabile che in una città in cui il potere dell'uomo è posto ai massimi livelli di onnipotenza si venga schiacciati

    Anche io non sono mai andato negli USA, è già tanto se sono arrivato fino a Lourdes!!! 

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  5. AMOLEAPI: la frase che riporti, estrapolata dal contesto, potrebbe far pensare che questo sia il pensiero di Maria. In realtà sta parlando di New York  e la frase da te citata è di Niezsche inserita in un periodo che inizia così: "«Nietzsche ci ha avvertito da tempo che la morte di Dio è perfettamente compatibile con una “religiosità borghese”.
    Non è pertanto quella la vera Religione di noi Cristiani che cerchiamo di essere autentici e di seguire il vero Magistero della Chiesa.
    Maria conclude: "una società senza Cristo è essenzialmente una società che, senza che ce ne accorgiamo, atrofizza il nostro rapporto con Cristo, lo rende muto e inincidente sulla nostra vita personale e su quella sociale, lo riduce a dei momenti di religiosità emotivi o sentimentali, o, peggio, a degli schemi comportamentali."
    Grazie per il tuo intervento.
    Paola

    RICCARDO: Lourdes è più GRANDE di New York. Sai che ci sono stata due settimane fa?

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  6. Ah no, non sapevo che fossi stata a Lourdes... Io invece sono stato dalle tue parti...

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  7. RICCARDO: dove sei stato? Se succede di nuovo dimmelo che ti vedo volentieri.

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  8. È stata una gita improvvisata. Non era previsto che partissi, ma all'ultimo momento è cambiato il mio programma e allora ho deciso, parto.... Si potrebbe dire meglio, quando la Madonna chiama...?

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