giovedì 30 dicembre 2010

Un ricordo di scuola e di infanzia.





"Filastrocca dei dodici mesi"



(di A. Silvio Novaro)


Gennaio mette ai monti la parrucca,

Febbraio grandi e piccoli imbacucca,

Marzo libera il sol di prigionia,

Aprile di bei colori gli orna la via,

Maggio vive tra musiche d'uccelli,

Giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli,

Luglio falcia le messi al solleone,

Agosto avaro, ansando le ripone,

Settembre i dolci grappoli arrubina,

Ottobre di vendemmia empie la tina,

Novembre ammucchia aride foglie a terra,

Dicembre ammazza l'anno e lo sotterra.



* * *



Molti di voi l'avranno imparata alle elementari. Io me la ricordo molto bene, scritta sul mio libro di lettura di seconda elementare. 
Allora non si parlava ancora di notte di Capodanno, di spumante, di botti, almeno dalle mie parti.
La sera dell'ultimo dell'anno si stava a casa, si cenava come sempre e soltanto nel giorno di Capodanno si festeggiava un po'.
Mia mamma prestava molta  attenzione al fatto che la prima persona a entrare in casa quel giorno fosse un uomo, ma non ci credeva più di tanto, sapendo bene che la fortuna dell'anno nuovo non dipendeva da ciò.
Mandava sempre però mio fratello a portare gli auguri a una vicina molto superstiziosa: un capodanno era venuta a trovarla una sua cognata e le urla erano salite in cielo.

sabato 25 dicembre 2010

E' nato!




Il Gesù Bambino della Chiesa della Natività dei Francescani di Betlemme.

martedì 21 dicembre 2010

Maternità di Maria

Avvicinandosi il Santo Natale mi sono soffermata sulle immagini che ritraggono Maria come Madre di Gesù. Fra tutte voglio portare alla vostra attenzione i dipinti di Lucia Merli che ritengo molto significativi della dolcezza, dell'intensità dell'amore di Maria verso il Figlio. Guardando ognuno di essi sento sgorgare dal cuore una preghiera.

Vergine con passerotto
Madonna d
maternità
Madonna con BambinoMadonna con bambino 1
Madonna con bambino 1



LUCIA MERLI ARTE

sabato 18 dicembre 2010

venerdì 17 dicembre 2010

Novena di Natale




In attesa della nascita di Gesù, ogni giorno preghiamo per essere in grado di accoglierlo degnamente. La Novena di Natale ha una lunga tradizione, mi ricorda l' infanzia, la Chiesa gremita e tutti i bambini che cantavano. Qui non è più così, ma resiste un gruppo di persone che la frequenta quotidianamente. Vieni Gesù e rafforza la nostra Fede.

martedì 14 dicembre 2010

Nada te turbe

Parole di Santa Teresa d'Avila in una magistrale interpretazione di Mina.







sabato 11 dicembre 2010

Dio, noi ti lodiamo




Sicuramente in qualche occasione qualcuno ti ha rivolto parole di lode, di approvazione.



Ti ha detto: “Bravo!”.



Ma tu sei abituato a lodare Dio?



San Francesco di Assisi, il “Poverello”, lo ha fatto in modo mirabile con quella “preghiera”, in cui ricorrono le parole: “Laudato si’, mi Signore”.



Puoi farlo anche tu, quando arrivi in Chiesa e sei tentato di chiacchierare, prima che cominci la Santa Messa.



Ma pure a casa, mentre fai le faccende.



E per strada non ti sembra possibile, lodare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, magari guardando il sole o ammirando le nuvole?



O pensando a quello che hai fatto di buono, non perché sei un santo, ma solo perché il Signore ti dà una mano, quando devi dire una parola buona o compiere una buona azione?



E quando incontri una persona migliore di te, più servizievole, più gentile, più paziente, perché non lodi Dio?



Lodalo pure, quando la vita ti porta a contatto con chi riesce a stare sereno nella prova e nella malattia; lodalo e desidera di poterlo lodare, quando sarai tu nella tribolazione e sentirai sul tuo capo la mano rassicurante di Dio.



Lodalo, se apprendi qualche buona notizia dalla stampa, dalla radio, dalla televisione o da Internet.



Lodalo, senza stancarti. 


CAMMINARE

mercoledì 8 dicembre 2010

Incarnazione

Il Vangelo di Oggi, festa dell' Immacolata Concezione, ci parla dell' Annuncio che Maria riceve dall'Angelo che le rivela la sua prossima maternità perchè scelta da Dio. La sua risposta ci è nota: "Sono la serva del Signore, si compia in me la Sua volontà".
Lo voglio ricordare con questo straordinario dipinto di



incarnazione

venerdì 3 dicembre 2010

Santa Caterina d'Alessandria




Raffaello Sanzio

Sapiente e martire



Sembra inafferrabile questa giovane di Alessandria morta martire nel quarto secolo, di cui conosciamo solo il racconto della passione dai tratti leggendari. In compenso il suo culto è diffuso dappertutto nel mondo cristiano, in oriente come in occidente.




Nel primo decennio del IV secolo si combatte la lotta conclusiva tra la religione pagana e il cristianesimo. Nel 305 giunge ad Alessandria d'Egitto l'imperatore Massenzio. Minacciando la pena di morte, ordina a tutti i sudditi di sacrificare agli dei.

Numerosi sono i cristiani che si apprestano a sacrificare. Invece una giovane di nobile famiglia, Caterina, si presenta all'imperatore, lo rimprovera per la sua politica, lo invita a riconoscere il vero Dio.
Massenzio non conosce argomenti in grado di convincere la ragazza. La invita allora a corte per un colloquio con i sapienti dell'impero. Invano. Caterina è più colta di ogni sapiente.


Massenzio la tenta allora con il potere. Se accetterà di sacrificare potrà diventare la moglie stessa dell'imperatore. Neppure questa lusinga fa presa su Caterina che viene rinchiusa in carcere dove tanti vengono a visitarla e si convertono alla religione cristiana.
All'imperatore non resta che farla decapitare. Ma non è ancora la fine.
Gli angeli raccolsero il suo corpo e lo trasportarono sul monte Sinai dove ancora oggi è custodito e venerato nel monastero a lei dedicato.

Nel caso di santa Caterina la storia non ci è di aiuto. Ci vengono in soccorso, invece, i numerosi santuari dove la santa è venerata e la tradizione ininterrotta della devozione.
Santa Caterina è patrona degli studenti, dei filosofi, delle giovani che desiderano costruirsi una famiglia cristiana.


                     Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai

domenica 28 novembre 2010

La vera pace


 


Dal foglio parrocchiale del mese di Dicembre:

"La pace non è soltanto assenza di risentimento, ma è anche assenza di frenesie e convulsioni. I nostri tempi, così assurdi e caotici, sono la più marchiana assenza di pace, anche se non ci si prende a cazzotti per la strada. Tutto ciò che turba la tranquillità interiore è assenza di pace. Noi, frenetici occidentali, abbiamo la mania di voler far stare tutto nei tempi programmati, imponendoci peraltro tempi assai ristretti: è questo che fa scaturire la fretta che è la degenerazione del tempo.
I giorni prenatalizi, con la ormai epidemica febbre da supermercato, ne offrono convincente evidenza.
Tutto ciò è nemico della pace, intesa come tranquillità interiore.

In ogni caso, se non c'è Dio di mezzo, la pace è mera fantasia e tutti gli sforzi per instaurarla sono destinati a frantumarsi miseramente. Stupisce e rattrista che i nostri tempi, così prodighi di sfratti a Dio da ogni ambiente e circostanza, fatichino tanto a capirlo.
Il vero dono del Natale non sono i pacchetti-regalo vezzosamente confezionati. Il Natale, correttamente inteso e non degenerato in sguaiato bengodi, è il dono annuale che Dio vuole farci della pace vera: che ha Lui come origine,  Lui come fondamento, Lui come motivazione, Lui come garante. Perché la pace è Lui (Mic 5,5)."

giovedì 25 novembre 2010

Ambulante marocchino



Da un po' di tempo un ambulante marocchino si presenta regolarmente al mio cancello. Mi chiama "mama" e, visto che in genere non lo mando via con niente, ne approfitta e insiste anche se gli dico che non mi serve nulla. Una volta dice che ha la bolletta da pagare, un'altra che ha fame e via discorrendo.
Stamattina faceva un freddo terribile: ha suonato, io non avevo voglia di uscire, ma mi ha detto che voleva soltanto un panino. Sono quindi andata a portarglielo, ma quando sono stata là, come al solito, ha iniziato la cantilena. Oggi suonava così: "Sono due anni che non vedo la mia mama, devo andare in Marocco e non ho i soldi. Sto via quattro mesi" Al che io alquanto sollevata. "Davvero non ti vedo più per quattro mesi?" "sì. sì, comprami qualcosa"
Sul braccio aveva dei tappetini tipo chilim, con dei colori vivaci e gli ho detto che ne avrei preso uno, ma non gli avrei dato più di 15 Euro. Li avevo visti più o meno uguali al supermercato e costavano di meno.
Non era contento, dovevo prenderne due e dargli 50 Euro. Gli ho proposto 30 per due tappeti e in realtà mi sembrava già molto. E' sceso a quaranta, ma io a quel punto l'ho salutato e sono rientrata. E' rimasto un bel po' là e ogni tanto suonava il citofono. A un certo punto ho visto che non c'era più e stavo per essere contenta, quando ho notato che aveva lasciato i tappetini sul cancello.
Dopo quasi un'ora è tornato, gli ho detto di riprenderli e lui: " Va bene trenta euro". Quando glieli ho portati ne voleva altri 5. A quel punto mi stavo arrabbiando e glieli avrei lasciati là, ma poi ha preso i soldi e se ne è andato.
Quando posso aiuto volentieri chi ha bisogno, ma così è terribile. Dopo aver preso un sacco di freddo sono rimasta anche con l'impressione  di non aver pagato il prezzo giusto: forse troppo o troppo poco (secondo lui).
Mia figlia mi rimprovera, dice che non dovrei nemmeno uscire.
Non sarebbe una bella cosa che smettesse tutto questo mercanteggiare inutile e mi dicesse i vari prezzi giusti già dall'inizio? Forse per lui no. Per me però sarebbe meglio, forse comprerei di più senza rimanerci male ogni volta.
La prossima volta non esco.


domenica 21 novembre 2010

Buona domenica

Auguro a tutti voi una serena giornata di riposo. Forse sarà pioggia, così mi riposerò e  reciterò qualche preghiera in più.  

giovedì 18 novembre 2010

Ausiliatrice, Vergine bella.


Fra poco sarà la festa della Madonna Immacolata. Nell'attesa ascolto con gioia questo bel canto già conosciuto quando ero bambina che era nato per la festa di Maria Ausiliatrice, ma che si adatta bene anche a questa prossima festività. Sono andata stasera a fare le prove di canto in Parrocchia e l'abbiamo inserita per quel giorno.


 


venerdì 12 novembre 2010

L'arte dei fiori per arredare




 



 Più chel'articolo mi ha colpito l'immagine e ho deciso  di conservarla nel mio Blog. I fiori danno gioia e riescono a strappare un sorriso anche quando vorrebbe essere lacrime. Auguro un felice fine settimana a voi cari amici che leggete. Ora qui c'è il sole ed è una giornata che aiuta a vivere, Fra qualche giorno potrà essere pioggia: allora aprirò il Blog e guarderò questi fiori

domenica 7 novembre 2010

Sagrada Famillia



Vista dal rosone



Soltanto oggi, con la visita del Papa a Barcellona, ho scoperto che questa bellissima basilica non era ancora stata consacrata. Avevo visto diverse foto, ma non ne avevo mai visto l' interno. Stamattina in diretta ho assistito alla celebrazione della Messa e sono rimasta molto colpita dalle bellezza e grandiosità della chiesa: colonne e archi che innalzano l'anima a Dio. Qualcuno avrà da obiettare, ma a me ha ricordato la basilica nuova di San Pio da Pietrelcina con i suoi magnifici archi portanti.

Durante la diretta sono stati fatti molti riferimenti all'architetto Gaudì che l'ha progettata, a quello che ha voluto comunicare con questa opera.
Anche la chiesa di Renzo Piano a san Giovanni Rotondo comunica, a chi riesce a percepirli, messaggi spirituali non individuabili in tutte le chiese.

La Basilica di Barcellona è molto diversa, non si dovrebbe nemmeno fare il paragone, ma quello che, secondo me, le accomuna è la spinta verso l'alto, la luce che si irradia all'interno, la pietra che costituisce gli elementi portanti. La pietra simbolo di Cristo, pietra angolare,la pietra che fa riferimento a Pietro su cui è fondata la sua Chiesa. 
Devo andare a Barcellona.



sabato 6 novembre 2010

Santiago de Compostela





Ci sono stata sette anni fa e ne conservo un bellissimo ricordo. E' una città tutta costruita con pietra grigia, come la Cattedrale. Vi si respira un'aria particolare, diversa da tutti gli altri luoghi di pellegrinaggio: sembra di trovarsi in un posto appartenente a tutto il mondo ed è questa universalità che la contraddistingue.


lI video della visita del Santo Padre illustra molto bene la cattedrale e vi si può vedere anche il botafumeiro nel suo percorso attraverso la navata. Purtroppo io l'ho visto soltanto da fermo.




Buon viaggio Papa Benedetto.

domenica 31 ottobre 2010

La festa di Tutti i Santi




La festa di Tutti i Santi, è una giornata di gioia, di speranza, di fede. Una delle giornate più raffinate che la liturgia ci propone; è la festa di tutta l’umanità, dell’umanità che ha sperato, che ha sofferto, che ha cercato la giustizia, dell’umanità che sembrava perdente e invece è vittoriosa.


E’ la festa di Tutti i Santi, non solo di quelli segnati sul calendario e che veneriamo sugli altari, ma anche di quelli che sono passati sulla terra in punta di piedi, senza che nessuno si accorgesse di loro, ma che nel silenzio del loro cuore hanno dato una bella testimonianza di amore a Dio e ai fratelli, forse parenti nostri, amici, forse nostro padre, nostra madre, umili creature, che ci hanno fatto del bene senza che noi neppure ci accorgessimo.



Ho letto di un anziano parroco di campagna che nel giorno di Tutti i Santi, per far capire alla sua gente che si dovevano ricordare tutti i cristiani santi che stanno in Paradiso toglieva le immagini e le statue dagli altari. Una stranezza se volete, ma che voleva anche sottolineare il fatto che di solito, una volta che abbiamo messo i santi sugli altari, li ammiriamo, li invochiamo, ma non li imitiamo, perché pensiamo che siano troppo eroi per vivere come loro. Ma non è così.



Nella festa di Tutti i Santi, la Chiesa ci dice che i santi sono uomini e donne comuni, una moltitudine composta di discepoli di ogni tempo che hanno cercato di ascoltare il Vangelo e di metterlo in pratica. Sono questi i santi che salvano la terra. C’è sempre bisogno di loro. È in virtù dei santi che so­no sulla terra, che noi continuiamo a vivere, che la terra continua a nonessere distrutta, nonostan te il tanto male che c’è nel mondo. Ed è in virtù dei santi di ieri, dei santi che sono già salvati e che intercedono per noi: “una moltitudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, popolo e lingua”.



La definizione più bella dei santi è quella che ho sentito da un bambino di una scuola materna. La maestra aveva portato la sua classe a visitare una chiesa con le figure dei santi sulle vetrate luminose. A scuola di catechismo ho domandato ai bambini: Chi sono i santi? Un bambino mi ha risposto: “Sono quelli che fanno passare la luce”. Stupenda defi­nizione: i santi fanno passare la luce di Dio che continua ad illuminare il mondo.



Nella festa di Tutti i Santi, noi celebriamo la gioia di essere anche noi chiamati alla santità, perché ci è stato detto che abbiamo un cuore che batte come figli di Dio. Ci pensiamo? E San Giovanni che ce lo ricorda: “Caris simi vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente… ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo si mili a lui, perché lo vedremo così come egli è”.



Ma quale è la strada della santità? Gesù ce l’ha indicata con l’ annuncio delle beatitudini che sono la sintesi del Vangelo, lo specchio di fronte al quale ogni discepolo di Cristo deve confrontarsi. È il portale d’ingresso del Discorso della Montagna, la “carta costituzionale del cristianesimo”. Ogni regno ha le proprie leggi. Le beatitudini sono la legge del Regno di Dio. Chi le osserva entra nella felicità del Regno. Questo dobbiamo capire. Dio ha posto nel nostro cuore la vocazione alla felicità, come ultimo segno della nostra somiglianza con Lui. Dio è il Sommo bene, il Beato per eccellenza. Per essere figli di Dio bisogna essere felici.



 A cura di Gianni Sangalli della Rivista mensile “Maria Ausiliatrice” Torino.

mercoledì 27 ottobre 2010

Fabrizio Bruzzone




Quando posto qualche argomento, oltre alle notizie che voglio comunicare, mi preoccupo sempre di trovare una immagine adeguata e vado alla ricerca di foto, disegni, dipinti che esprimano visivamente il concetto espresso o che gli si colleghino per associazione di idee. A volte sono fortunata e trovo subito l' immagine che mi colpisce, altre volte meno e, per non perdere troppo tempo, mi accontento.
Tempo fa ho parlato della mia passione per il caffè fin da quando ero  bambina e, cerca cerca, ho trovato una bella caffettiera con tazzina; mi piaceva molto anche perchè non era una foto, ma un dipinto. Preoccupandomi di dare a Cesare quel che è di Cesare, ne ho indicato l'autore.
Con gradita sorpresa oggi ho trovato un commento dell'autore stesso (IL CAFFE') 
Sono andata a cercarlo su Internet ed ho così potuto vedere le sue bellissime opere. Mi piacciono molto per il colore, i soggetti e quel tanto di impressionismo che richiamano. Non sono nè esperta, nè intenditrice, vado a naso (ce l'ho buono) e spero che questo pittore piaccia anche a voi.

Sito di Fabrizio Bruzzone











 

martedì 26 ottobre 2010

Comunione





Preghiera prima della comunione eucaristica



Signore Gesù Cristo, Dio nostro,

il solo che ha il potere

di perdonare i peccati agli uomini,

non tenere in alcun conto,

tu, buono e misericordioso con l’uomo,

nessuna delle mie debolezze

coscienti e incoscienti,

e fammi degno di ricevere,

senza che me ne venga una condanna,

i tuoi divini, gloriosi e immacolati misteri

che danno la vita.

Questa comunione non mi sia causa di castigo,

ma sia la purificazione, la santificazione

la caparra del regno futuro;

sia la mia difesa, il mio aiuto per annientare

i miei nemici;

cancelli i miei molti peccati,

poiché tu sei Dio di misericordia

di indulgenza e di amore verso gli uomini;

e a te intoniamo la gloria con il Padre

e lo Spirito santo

per tutti i secoli futuri.


Giovanni Damasceno, Preghiere eucaristiche, II canone

lunedì 25 ottobre 2010

Autunno inoltrato




Guardandomi intorno e dentro mi sono accorta che l'Autunno ormai si è impadronito della natura e di me. Gli alberi si stanno pian piano svestendo, dopo aver indossato i colori più belli, e io sto diventando un pochino triste.
Ho quindi pensato di cambiare il vestito anche al Blog e, come vedete, ho spolverato e rimesso il template che Ande mi aveva preparato l' anno scorso.
Ho voluto però dargli una nota allegra e, con un po' di fortuna, ho trovato un bell'orologio a cucù che funziona come uno reale: mi accorgo così che il tempo sta trascorrendo. Per ora ho notato che ad ogni ora il cucù esce dalla finestrella, ma credo che i due picchi battano i quarti d'ora. Vedremo.
Auguro a chi legge di incominciare la nuova settimana con animo sereno. Per me spero in un po' di buona volontà che mi è mancata la settimana scorsa. "Domani è un altro giorno".
P.S. E' suonato in questo momento il quarto d'ora e mi sono spaventata. I picchi hanno beccato all'improvviso.

sabato 23 ottobre 2010

Umiltà













Combattere l’orgoglio e invocare Dio



Perché dice che le fatiche del corpo portano l’anima all’umiltà? 

Perché le fatiche del corpo sono una virtù per l’anima? 



Mettere se stessi al di sotto di tutti infatti, è il modo per combattere la prima forma di orgoglio. Se ci si mette al di sotto di tutti, come è possibile ritenersi più grandi di un fratello, vantarsi per qualche motivo, lamentarsi del fratello, disprezzarlo?



Ugualmente è chiaro che anche la preghiera incessante ci porta all’umiltà, perché l’uomo di fede sa che non può fare nulla di buono senza l’aiuto e la protezione di Dio, e così non smette mai di invocare Dio perché abbia misericordia di lui.



E chi prega Dio senza sosta, se gli è dato di compiere qualcosa di buono, sa da dove gliene

è venuta la capacità e non può vantarsene o attribuire questa opera buona alle sue forze, ma tutto quello che riesce a fare lo attribuisce a Dio e non smette mai di ringraziarlo e di invocarlo. 



Così l’umiltà lo fa pregare e la preghiera lo rende umile.




Doroteo di Gaza, Insegnamenti vari 2,38

 



 



martedì 19 ottobre 2010

La curiosità morbosa che esorcizza il male.




di Marcello Veneziani

Ma perché la gente vive con morboso accanimento la brutta storia di Sara e della famiglia Misseri? Sbiadiscono perfino le guerre dei giudici, le inchieste sul premier, i dossieraggi, al cospetto della tragedia di Avetrana. Sarebbe facile e sacrosanto imbastire un bel processo accusatorio alla tv del dolore, agli sciacalli del video, gli esibizionisti dell’orrore, i grilli parlanti e le iene piangenti.
Aggiungete poi la vergogna del pellegrinaggio di domenica scorsa alla casa dei mostri, una specie di luna park degli orrori. Sarebbe poi facile notare che tra tanti delitti feroci, ce n’è sempre uno che diventa racconto di massa, saga (...)

(...) televisivo-popolare, tormentone mediatico. La Franzoni o la Cesaroni, Erika o Amanda, dimostrano che è l’attenzione mediatica, l’esposizione in tv a rendere il caso esemplare e proverbiale. E si creano cittadelle dell’orrore, ieri Cogne oggi Avetrana, a dimostrazione che anche la ferocia o la follia non hanno connotati etnici o geografici.

Io invece vorrei proporvi un’altra riflessione.
L’umanità ha bisogno di spiegare il male, di confrontarsi con il dolore più atroce, di superare la soglia per vedere dove si nasconde l’orrore. Ai colti basta leggere Seneca o Sant’Agostino, interrogarsi sul concetto del male e del dolore. Ma la gente comune coglie il male e il dolore attraverso gli esempi, i casi concreti, la vita di ogni giorno. Anche Gesù non parlava per concetti ma per parabole, narrava esempi, affrontava singoli casi di malattia e di guarigione, di morte e di resurrezione, per farsi capire.
L’uomo ha bisogno di conoscere storie del male, la grande letteratura è concentrata sul male e sul dolore, a cominciare dalla tragedia greca.
Potete maledire finché volete la tv e i giornali che vi parlano del male e delle disgrazie: ma un aereo che cade fa notizia, diecimila aerei che volano no; Sara che esce con sua cugina non fa notizia, Sara uccisa e stuprata dai suoi famigliari sì. Trentatré minatori che tornano la sera a casa non fanno notizia, se restano sottoterra per un’infinità di giorni sì. 


Continua

giovedì 14 ottobre 2010

Jules Breton e Mascagni

Intermezzo della Cavalleria Rusticana con immagini di Jules Breton. Un valido abbinamento.









mercoledì 13 ottobre 2010

Dal Blog di Cogitor

Ecco un post di Cogitor che ho apprezzato. Le mie parole non sarebbero state altrettanto efficaci e pertanto pubblico le sue.




 



Mors tua, vita mea!



E’ davvero difficile, in questi giorni, terminare la lettura dei quotidiani. Ti sale un nodo alla gola… non si riesce proprio a proseguire!
Il barbaro omicidio della giovane Sarah Scazzi, consumatosi ad Avetrana in queste ultime settimane,  continua a turbare e ad interrogare le nostre coscienze. La partita Italia-Serbia che ieri sera, nello stadio Marassi di Genova, avrebbe dovuto regalarci un sereno fine giornata si è trasformata in una furibonda e vergognosa protesta causata da un gruppo di tifosi serbi.
 
Che dire poi del violento  pugno che un giovane ventenne ha sferzato nel volto di una romena, Maricica Hahaianu di 32 anni, presso la stazione metropolitana Anagnina di Roma, in pieno giorno, per una lite iniziata in un bar per l’acquisto del biglietto. Non meno grave poi l’indifferenza dei passanti che, ripresi dalle telecamere del metrò, di fronte al corpo della giovane romena disteso a terra non si fermano per prestarle soccorso!
 
Queste e mille altre circostanze di ordinaria violenza lasciano il lettore annichilito e incredulo di fronte a tanta efferatezza. Episodi del genere diventano sempre più frequenti nel nostro mondo, tecnologicamente avanzato ed evoluto ma drammaticamente impoverito nei valori. Che cosa sta accadendo all’uomo? Follia collettiva? Rabbia, schizofrenia, desiderio di vendetta…?
 
Forse il cuore dell’uomo si è inesorabilmente ammalato!
Quella pazienza e capacità di sopportazione che avevano i nostri nonni (quelli di un tempo, che contavano nelle loro mani rugose i segni del duro lavoro e che in qualche modo – talvolta supportati da una robusta vita di fede – tenevano unite le famiglie e custodivano i rapporti di amicizia come qualcosa di veramente prezioso) oggi è del tutto scomparsa. La modernità ci ha insegnato a non amare più nessuno, ad eliminare i problemi (anche quando c’è in gioco la vita dell’altro) piuttosto che a saperli superare e risolvere.

“Mors tua, vita mea!” è diventato lo slogan del terzo millennio, in una terribile girandola di sanguinose e diaboliche macchinazioni, dove la parola amore è stata superata dall’odio e dalla vendetta.  COGITOR

 

lunedì 11 ottobre 2010

Verità



O Verità

O Verità che illumini il mio cuore, 
fa' che non siano le tenebre a parlarmi! 

Mi sono buttato in mezzo ad esse 
e mi sono trovato al buio, 
ma anche da quaggiù ti ho amato tanto. 

Mi sono smarrito, 
ma mi sono ricordato di te. 

Ho sentito la tua voce alle mie spalle, 
mi diceva di tornare indietro:
l'ho sentita a malapena, 
a causa dell'inquietudine 
che tumultuava in me, 
ma ecco che ora torno, 
assetato e desideroso, alla tua fonte.


S. Agostino

venerdì 8 ottobre 2010

Preghiamo insieme


Per ritrovarsi in Dio
                              
        


Signore vorrei che tu
mi insegnassi la vera libertà
Fa’ che riesca a discernere il fine, 
il vero senso della mia vita.

Ma, per questo, dovrei ritrovare 
i miei occhi di fanciullo. 

Avrei bisogno di vedere 
nel profondo di me stesso 
qualcosa di puro che mi parli dite. 

Qualcosa d’intatto, 
malgrado le scelte assurde. 

Vorrei ritrovare, 
in fondo al mio passato, 
in mezzo a questo ammasso senza gioia, 
quell’eterno volto 
che guardava la mia vita. 
«Il Signore è qui, e io non lo sapevo» (Gn 28,16).

Essere libero, Signore,
ora lo so, è volerlo.

Volere quello che tu vuoi,
amare quello che tu ami.

E quando si deve scegliere,
prendere semplicemente
quello che tu sceglieresti.

Essere libero,
è tentare di raggiungere
i tuoi pensieri sulla mia vita,
i tuoi progetti,
i tuoi modi di vedere.

E conformare le mie sembianze
a quelle del tuo volto,
quel volto eterno
la cui immagine
è in me.


LUCIEN JERPHAGNON

Lettera spirituale









L’essere posta in una prova non dipende punto dall’anima e nulla potrà fare direttamente per potervisi mettere. Essa dipende esclusivamente dalla volontà di Dio. Quello che vi consiglio si è di starvi tranquilla e di non preoccuparvi punto di ciò che sarà. Tutto si risolverà a gloria di Dio ed a santificazione dell’anima. Di più tenetevi sempre in umiltà dinanzi alla bontà infinita del Signore, allargate sempre il vostro cuore, ringraziate senza intermissione il buon Dio dei favori che continuamente vi compartisce, perché non è degno di ricevere nuove grazie chi non è riconoscente di quelle già ricevute; lasciate infine libera azione alla divina grazia e servitevene sempre a sua gloria, a salvezza vostra e di tutte le anime, e non mai dimenticate che i celesti favori si concedono non solo per la propria santificazione, ma ancora per la santificazione altrui.

(23 febbraio 1915 a Raffaelina Cerase - Ep.II, p. 340)



giovedì 7 ottobre 2010

Poesia al padre




 



Questa notte ti ho sognato

 


Questa notte ti ho sognato


mentre eri intento


a contare i fili d'erba


che intorno a te crescevano.


Io


discosto da te


ti osservavo


senza farmi vedere.


Contavo con gli occhi


insieme ai tuoi


quei fili d'erba


ormai ingialliti


senza più vita


se non per quel poco


di vita che ancora


in essi scorreva.


Questa notte ti ho sognato


e nel sogno mi parlavi


ancora


come un tempo


ed io non ti ascoltavo


ancora


 


come sempre.

      Michele Flocco      

Una lettera spirituale

                        








Vivete quieta, o mia carissima figliuola, togliete dalla vostra immaginazione ciò che può turbarvi, e dite spesso a nostro Signore: O Dio, voi siete il mio Dio, ed io mi confiderò in voi; mi assisterete e sarete il mio rifugio, ed io niente temerò, perché non solamente voi siete con esso, ma voi siete in lui ed egli è in voi. Che può temere il figliuolo fra le braccia di un tal padre? Siete come fanciulli, mia dilettissima Erminia; questi non pensano quasi mai al loro avvenire, hanno chi vi pensa per essi, sono bastantemente forti, solamente stanno col padre loro. Fate dunque ancor voi così, o mia carissima figliuola, e starete in pace.


(23 aprile 1918 a Erminia Gargani - Ep. III, p. 724)



 

lunedì 4 ottobre 2010

Al primo posto




La preghiera al primo posto

La divina parola ci fa conoscere l’insegnamento sulla preghiera e per suo mezzo spiega ai discepoli che ne sono degni e che ne cercano la conoscenza, in che modo convenga rendersi benevolo l’ascolto divino attraverso le parole della preghiera.

La preghiera infatti, questa sacra e divina attività, è trascurata e omessa dalla maggior parte delle persone nel corso della vita.

Su questo punto, dunque, mi sembra che sia opportuno testimoniare con la parola, per quanto è possibile, anzitutto che è assolutamente necessario essere assidui nella preghiera, come dice l’Apostolo (Rm 12,11), poi porgere ascolto alla voce divina che ci suggerisce il modo con cui bisogna rivolgere la preghiera al Signore.

Vedo che nella vita presente ci si affanna di più per tutte le altre cose: chi si volge con lo spirito a una meta, chi a un’altra, ma il bene della preghiera non sta a cuore alla gente.


Gregorio di Nissa, La preghiera del Signore 1

domenica 3 ottobre 2010

Prima domenica di ottobre

Me ne ero dimenticata. Grazie ad Antonietta che l' ha ricordato su FB.
E' bello recitare questa preghiera in unione con altri.





Angeli




Preghiera medievale
(per proteggere noi stessi dalle forze oscure)


Signore, mandami tutti i santi Angeli e Arcangeli. Mandami il santo arcangelo Michele, il santo Gabriele, il santo Raffaele, affinché siano qui con me, mi difendano e mi proteggano, Tu che mi plasmasti, mi desti un'anima e ti degnasti di profondere il tuo sangue per me. 

Io affermo che i santi Arcangeli mi proteggono, mi illuminano quando sono sveglio e quando dormo, mi rendono tranquillo e sicuro dinanzi a ogni manifestazione diabolica. Che nessun essere dotato di maligno potere possa giammai entrare in me, né osi offendere o ferire la mia anima, il mio corpo, il mio spirito, o atterrirmi o solleticarmi con la tentazione. Amen.

sabato 2 ottobre 2010

Autunno

Francesco Guccini piaceva molto a mio figlio; a me piace la sua voce da cantastorie.


 



mercoledì 29 settembre 2010

Buon gusto




Ogni mese il nostro Parroco compila un foglio che ricorda il bollettino parrocchiale di un tempo. Oltre alle comunicazioni che interessano la comunità, con arguzia parla di cose serie.
Voglio condividere con chi mi legge un trafiletto del mese di Settembre. 


Una volta ai poligami e ai conviventi non si concedevano i funerali religiosi. Oggi la Chiesa ha allentato la severità in fatto di funerali ai coniugi raffazzonati. Se dovesse valere ancora la severità di un tempo, di funerali in chiesa se ne farebbero pochi.
Irrita però che in taluni manifesti funebri
, recanti ora del rosario e della Messa esequiale e decorati da immagini sacre, si legga che il primo ad annunciare il decesso sia il compagno o la compagna, qualificato esattamente come tale. Esempio: "E' deceduto il signor Divorziàno De Poligamis. Lo annuncia afflitta la compagna Concubiàna Risposati".
Sarebbe di buon gusto che almeno sparisse la qualifica di compagno/a, lasciando soltanto il nome insospettabile.
Se sparisse del tutto il nome della persona in questione, pur lasciandole ovviamente piena facoltà di intervenire al funerale, meglio ancora.
Buon gusto vuol dire che l'annuncio sia dato dai congiunti, quelli veri, non da quelli raccattati smantellando matrimoni.
Specificarsi come "compagno/a" su un manifesto religiosamente orientato, dà l' impressione di sfida alla Chiesa con l' intento più o meno avvertito di farla fessa.


sabato 25 settembre 2010

racconta Maria Cartabia




mi piace questa foto: ci sono ancora le Torri Gemelle.



Arrivare a vivere – come è capitato a me e alla mia famiglia lo scorso anno – nel cuore di New York è come entrare in quel mondo moderno dopo Cristo, senza Cristo, descritto da Péguy.
Certo, tutto l’Occidente rientra in quella descrizione, ma mentre l’Europa sembra ancora terreno di battaglia per lo smantellamento della civiltà cristiana che ancora resiste, la cosa che più colpisce a New York è che il progetto sembra compiuto.
Come dice Péguy, ci sono riusciti. Sarei tentata di aggiungere che ci sono riusciti benissimo.

Vorrei partire da questo «ci sono riusciti» perché dal punto di vista dell’esperienza è proprio questa la prima impressione che si ha arrivando lì: si è abbagliati dalla riuscita.
Ci sono riusciti: New York è una città meravigliosa, è bella la natura, è meravigliosa l’opera dell’uomo, tutto funziona, e inspiegabilmente riescono a convivere milioni di persone di tutte le razze che parlano più di sessanta lingue diverse – e qui devo confessare che io stessa, con tutta la mia famiglia, sono subito stata conquistata –.

Forse il segreto del successo – almeno così è parso ai miei occhi di ospite, abitante per un anno – è che ogni aspetto della vita è trattato con grandissima professionalità: il “dio lavoro” dà i suoi frutti. Tutto questo ha grandi vantaggi: si vive bene, si perde meno tempo per l’organizzazione della vita, tutto è molto curato, ecc. Con un piccolo particolare, che vorrei descrivere con questo episodio tratto dalla mia vita universitaria.

Il livello delle università americane è eccellente e inevitabilmente, soprattutto nei primi mesi, ero entusiasta di tutto. Mi colpiva soprattutto che ci fosse tanto spazio e attenzione alla dimensione comunitaria della vita tra docenti e con gli studenti – da noi quasi del tutto assente –.
La New York University dove lavoravo mi sembrava un paradiso: colleghi di altissimo livello, grande cordialità e possibilità di condivisione del lavoro, uffici meravigliosi, con tanto di opere d’arte alle pareti e musica classica soffusa tutto il giorno.
Eppure, a mano a mano che passava il tempo mi capitava di sentire sempre più spesso i miei colleghi lamentare una certa stanchezza: «Ho nostalgia di casa – mi dicevano –, qui mi sento solo e miserabile». Miserabile. Impressionante: nemmeno New York basta al cuore dell’uomo.

Dopo Gesù, senza Gesù: l’altro fatto che subito si nota arrivando a Manhattan è la netta separazione tra la vita pubblica e professionale e la dimensione religiosa.
E su questo punto occorre intendersi, perché la realtà americana è complessa. In vero, gli americani sono molto religiosi, probabilmente molto più religiosi di noi europei, e ci sono anche tantissimi “cattolici praticanti”.
Tra i tanti segni di questo fatto, mi ha sempre colpito il fatto che la messa degli studenti della mia università alla domenica era affollata da svariate centinaia di ragazzi.

Però, di tutti quei ragazzi non si vedeva traccia durante la normale vita accademica.
 Anche se l’istituzione è molto attenta e ben disposta verso le associazioni di studenti, specialmente quelle a base religiosa, in un intero anno non ho visto nessuna presenza di tutte quelle centinaia di ragazzi cattolici che affollavano la messa della domenica, non un giudizio pubblico, non un segno di riconoscibilità.
Senza Cristo, allora, non significa che manchi la dimensione religiosa nella vita delle persone, ma, per quel che ho potuto vedere, si tratta di una religiosità invisibile e inincidente.

Un giorno, leggendo per il mio lavoro, mi sono imbattuta in questa descrizione di Ernest Fortin che ho trovato particolarmente pertinente rispetto alla situazione: «Nietzsche ci ha avvertito da tempo che la morte di Dio è perfettamente compatibile con una “religiosità borghese”.
Egli non ha pensato neppure per un momento che la religione fosse finita. Ciò che egli metteva in discussione è la capacità della religione di muovere la persona e aprire la sua mente.
La religione è divenuta un prodotto di consumo, una forma di intrattenimento tra le altre, una fonte di conforto per i deboli o una stazione di servizi emotivi, destinata ad appagare alcuni bisogni irrazionali che essa è in grado soddisfare meglio di ogni altra cosa.

Per quanto possa suonare unilaterale, la diagnosi di Nietzsche colpiva nel segno» Questa descrizione diceva chiaramente quello che era sotto i miei occhi e cioè che una società senza Cristo è essenzialmente una società che, senza che ce ne accorgiamo, atrofizza il nostro rapporto con Cristo, lo rende muto e inincidente sulla nostra vita personale e su quella sociale, lo riduce a dei momenti di religiosità emotivi o sentimentali, o, peggio, a degli schemi comportamentali.

Diceva Solženicyn nel suo famoso discorso ad Harvard nel 1978: nei paesi totalitari si soffre una assoluta mancanza di libertà; nei paesi occidentali, invece, la libertà c’è ed è spinta al massimo, ma se si guarda attentamente si scopre che essa esprime sempre «degli orientamenti uniformi, nella stessa direzione (quella del vento del secolo), dei giudizi mantenuti entro determinati limiti accettati da tutti, e forse anche degli interessi corporativi comuni, e tutto ciò ha per risultato non la concorrenza ma una certa unificazione».
In occidente la società è senza Cristo non tanto per una mancanza di libertà formale, giuridica o politica, ma per uno strano conformismo che ci troviamo addosso, per cui la vita è governata dalla mentalità dominante dell’ambiente dove ci troviamo.



 



dal Blog di Nonsonogus  (vedi)

Questo articolo mi ha colpita. Non sono mai stata negli Stati Uniti. Mi piacerebbe sentire il vostro parere, se ne avete il tempo e il desiderio. Grazie.

venerdì 24 settembre 2010

Luciana Bianchi Cavallari


Già altre volte vi ho presentato questa brava scrittrice che parla del suo lago (Como). Sono sempre più ammirata per la immediatezza dei suoi versi che sono un inno alla natura e una carezza per il cuore.
Vi propongo una delle sue ultime poesie.



Settembre...






Dismessi gli abiti d’estate,
s’abbiglia il cielo settembrino
in nuvolaglie e nebbie cupe,
fluttuanti e basse all’orizzonte. 

Da calma, repentina si fa brusca
e cambia la corrente: d’impeto
gioca con i suoi venti il Lario,
scompigliando l’acque e l’onda.

Va bussando incipiente, l'autunno:
la pioggia insistente, l’accompagna.

 




© Luciana  

mercoledì 22 settembre 2010

Perdono





l «testamento» di Padovese:
dall’odio nasca il perdono



 



Una lettera scritta due mesi prima di morire. E che alla luce di quanto poi è successo sembra quasi un testamento spirituale. «La fecondità del perdono di fronte alla sterile alternativa dell’odio e della vendetta». La civiltà dell’amore al posto della legge del taglione. Monsignor Luigi Padovese, presidente della Conferenza episcopale turca e vicario apostolico d’Anatolia, assassinato il 3 giugno scorso a Iskenderun, non poteva immaginare che le parole scritte a suor Chiara Laura Serboli, abbadessa del Monastero Santa Chiara di Camerino, sarebbero diventate quasi una testimonianzaante litteram del suo sacrificio, resa ancora più vera dal tragico evento che avrebbe reciso la sua vita terrena. 



Ma così è. E adesso che la lettera è stata pubblicata integralmente nella rivista delle Clarisse e ripresa dall’agenzia Sir, ci si può rendere conto della profondità di fede e della limpidezza d’animo di questo pastore che ha offerto la sua vita per restare fedele alla missione che la Chiesa gli aveva affidato. SEGUE

venerdì 17 settembre 2010

da: L' imitazione di Cristo



 



 


(Questo piccolo libro ha costituito per secoli un preciso punti di riferimento per la spiritualità cristiana, tanto che si può considerare "il libro più letto dopo il Vangelo, meditato nei monasteri, letto nella vita religiosa e sacerdotale, tenuto come manuale di formazione cristiana robusta per tante generazioni di laici, di cristiani nel mondo". L'Imitazione di Cristo, il cui autore resta sconosciuto, benché possa essere collocato in ambiente monastico attorno ai secoli XIII-XIV, costituisce un semplice e concreto tracciato di vita ascetica. La tensione spirituale che lo anima, ne fa un testo fondamentale nel tracciare una via alla ricerca di Dio, all'abbandono dell'"uomo vecchio" per costruire l'"uomo nuovo", per radicare interiormente una profonda spiritualità personale).   ALTRE NOTIZIE

RICONOSCERE LA PROPRIA DEBOLEZZA E LA MISERIA DI QUESTA NOSTRA VITA

"Confesserò contro di me il mio peccato" (Sal 31,5); a te, o Signore, confesserò la mia debolezza. Spesso basta una cosa da nulla per abbattermi e rattristarmi: mi propongo di comportarmi da uomo forte, ma, al sopraggiungere di una piccola tentazione, mi trovo in grande difficoltà. Basta una cosa assolutamente da nulla perché me ne venga una grave tentazione: mentre, fino a che non l'avverto, mi sento abbastanza sicuro, poi, a un lieve spirare di vento, mi trovo quasi sopraffatto. "Guarda dunque, Signore, alla mia miseria" (Sal 14,18) e alla mia fragilità, che tu ben conosci per ogni suo aspetto; abbi pietà di me; "tirami fuori dal fango, così che io non vi rimanga confitto" (Sal 68,15), giacendo a terra per sempre. Quello che mi risospinge indietro e mi fa arrossire dinanzi a te, è appunto questa mia instabilità e questa mia debolezza nel resistere alle tentazioni. Che, pur quando ad esse non si acconsenta del tutto, già molto mi disturba la persecuzione loro; e assai mi affligge vivere continuamente così, in lotta. La mia debolezza mi appare in modo chiaro dal fatto che proprio i pensieri che dovrei avere sempre in orrore sono molto più facili a piombare su di me che ad andarsene. Voglia il Cielo, o potentissimo Dio di Israele, che, nel tuo grande amore per le anime di coloro che hanno fede in te, tu abbia a guardare alla fatica e alla sofferenza del tuo servo; che tu l'assista in ogni cosa a cui si accinge. Fammi forte della divina fortezza, affinché non abbia a prevalere in me l'uomo vecchio: questa misera carne non ancora pienamente sottomessa allo spirito, contro la quale bisogna combattere, finché si vive in questa miserabile vita.
libro terzo   capitolo XX

mercoledì 8 settembre 2010

Natività di Maria Vergine



foto ricostruttiva di FAVA MINOR Marco


Al mio paese c'è un Santuario dedicato alla Madonna della Fontana la cui festa ricorre l' 8 Settembre e che richiama molti fedeli della zona. All' origine del nome vi è la presenza di acqua che sgorga copiosa da una fontana di pietra che è una copia dell'originale trafugata anni fa.



Il Santuario sorge in un luogo montano alquanto isolato dove nel quattrocento ad una ragazza muta che portava le pecore al pascolo apparve la Vergine che le donò la parola. Su di un masso di pietra (ora all' interno della chiesa) venne dipinto l' affresco della foto.

E' un luogo molto bello, in mezzo ai boschi, cui si accede con una salita percorribile anche in auto e che invita chi lo raggiunge alla preghiera con i suoi silenzi e la voce dell' acqua.

mercoledì 1 settembre 2010

Padri della Chiesa





A che ora si deve pregare?

Tutti i fedeli, uomini e donne, al mattino, appena desti, prima di fare qualsiasi cosa, si lavino le mani e preghino Dio: poi vadano al loro lavoro. Alla terza ora, se sei in casa, prega e loda Dio; se sei altrove, prega Dio in cuor tuo. A tale ora, difatti, Cristo fu inchiodato sulla croce.

Ugualmente prega alla sesta ora, perché, quando Cristo fu inchiodato al legno della croce, il giorno fu interrotto e si ebbe una grande oscurità. Pertanto, a quell’ora si faccia una vigorosa preghiera, imitando la voce di Colui che pregò e ricoprì di tenebre l’intero creato per i Giudei increduli.

Alla nona ora si preghi e lodi a lungo Dio, imitando il modo in cui l’anima dei giusti loda Dio, che è verità e che si è ricordato dei suoi santi e ha inviato il suo Verbo a illuminarli. A quell’ora il Cristo fu colpito nel costato ed effuse acqua e sangue, e rischiarò il resto del giorno fino alla sera. 

Così, quando cominciò a dormire dando inizio a un altro giorno, diede un’immagine della risurrezione.
Prega anche prima di andare a letto.





Ps. Ippolito, La tradizione apostolica 41

martedì 31 agosto 2010

Per chi si sente trascurato.





Proprio oggi stavo rimuginando tra me e me, commiserandomi per alcuni aspetti della mia vita che mi fanno un po' soffrire. Per cercare di non pensare troppo e risollevarmi ho aperto il pc, come faccio molte volte in questi casi. Nella posta ho trovato una news con questa bella preghiera che ho subito trovato provvidenziale e che ora condivido con voi cari amici che mi leggete. Cercherò inoltre di non essere più troppo assente dal Blog come ho fatto in questi ultimi tempi.


Per chi si sente trascurato



Fà, Signore,
che non infastidisca mai
gli altri con le mie pene.
Dopo tutto,
che importanza hanno, 
per loro, i miei dolori?
Concedimi di non indignarmi mai, 
per il fatto che nulla di quanto 
mi ha ferito li commuove. 
È normale.
Come potrebbero comprendere? 
Fa' che dopo tutto quello 
che ho sofferto, 
non trovi strano che nel mondo 
vi siano ancora dei fiori 
e i raggi del sole.
E delle famiglie unite
e degli amori felici
e delle convivenza serene.
E dei fanciulli che vivono.
Salvami dal contemplare continuamente 
nel fondo di me stesso 
quei volti amati, 
quei sorrisi perduti, 
e tutta quell'antica felicità, 
che è durata una sola stagione.
Salvami dallo scrutare le mie miserie.



LUCIEN JERPHAGNON

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